Non avrei mai pensato di trovarmi a scrivere queste parole, ma eccoci qui: Donald Trump e Vladimir Putin stanno negoziando una pace per l’Ucraina.

Trump non mi è mai stato simpatico, le sue mosse spesso mi sembrano più teatrali che strategiche, più interessate al suo tornaconto personale che al bene collettivo. E Putin… beh, la sua invasione dell’Ucraina ha mostrato al mondo la brutalità di un leader che non si ferma davanti a nulla pur di imporre il suo volere. Eppure, se un barlume di pace è possibile, allora va perseguito. Perché? Perché ogni giorno che passa significa altre vite spezzate, altre città rase al suolo, altre famiglie distrutte.

Ho l’Ucraina nel cuore. Fin dall’inizio di questa guerra, ho visto immagini che non avrei mai voluto vedere, ho ascoltato testimonianze che mi hanno spezzato dentro. Ho letto di bambini morti sotto le macerie, di madri in lacrime, di giovani soldati che non torneranno mai a casa. Ho visto un popolo che resiste con un coraggio immenso, un popolo che non si arrende. Ma la domanda che mi tormenta è una sola: a quale prezzo si può raggiungere la pace?

La verità è che non ci sono vincitori in questa guerra. Solo perdite. La Russia ha subito sanzioni durissime, l’Ucraina ha pagato il prezzo più alto con il sangue dei suoi cittadini, l’Europa è stata scossa fino alle fondamenta e il mondo intero ha visto ancora una volta quanto possa essere fragile la stabilità internazionale. Eppure, ancora oggi, il conflitto va avanti.

E allora, quale compromesso si può accettare? Trump parla di una trattativa che potrebbe portare alla fine delle ostilità, ma a quale costo? Si chiederà all’Ucraina di rinunciare ai suoi territori occupati? Di rinunciare al suo futuro nella NATO e nell’Unione Europea? E la Russia, sarà davvero disposta a fermarsi qui, o questo accordo non sarà altro che una pausa prima di un nuovo attacco tra qualche anno? Sono domande che fanno male, perché non esiste una risposta che non lasci una cicatrice.

Credo nella diplomazia. Credo che il dialogo, per quanto doloroso, sia l’unica via per mettere fine a questo incubo. Ma credo anche che non si possa scendere a compromessi che tradiscano la lotta e il sacrificio del popolo ucraino. La pace è necessaria, ma non può essere una resa mascherata da accordo. Non possiamo permettere che l’aggressione venga premiata, che l’invasione diventi un precedente accettabile nella storia contemporanea. Perché se oggi lasciamo che un paese venga smembrato in nome della “pace”, chi sarà il prossimo?

Eppure, il tempo stringe. Ogni giorno che passa significa nuovi lutti, nuove macerie, nuove generazioni segnate da un trauma che non meritano. Non possiamo restare a guardare mentre il fuoco continua a bruciare. Dobbiamo pretendere che la diplomazia faccia il suo dovere, che ogni trattativa abbia al centro il rispetto della sovranità ucraina, che la comunità internazionale non volti le spalle a chi ha lottato per la propria libertà.

Quindi sì, anche se non mi piace dirlo, se Trump può portare uno spiraglio di pace, allora è giusto provarci. Tuttavia, non si può ignorare il ruolo degli altri attori internazionali. L’Unione Europea ha un interesse diretto nella stabilità della regione e deve essere parte attiva del processo di pace, evitando che un accordo venga imposto senza considerare le esigenze dell’Ucraina. La Cina, dal canto suo, gioca un ruolo ambiguo: da un lato mantiene relazioni strategiche con la Russia, dall’altro ha interesse a evitare una destabilizzazione globale che potrebbe colpire anche la sua economia. Il mondo non può lasciare che il negoziato si riduca a una trattativa bilaterale tra due leader con agende personali; è necessario un impegno corale della comunità internazionale per garantire una pace che sia davvero giusta e duratura. Ma non a qualsiasi prezzo. Perché la pace vera non è solo l’assenza di guerra. La pace vera è giustizia, è sicurezza, è libertà. E su questi valori non possiamo permetterci di negoziare.

Una pace giusta può essere raggiunta, ma bisogna essere realisti: una via d’uscita immediata non esiste, a meno che non si scelga lo scontro diretto con la Russia. E questo significherebbe una terza guerra mondiale, una catastrofe che nessuno vuole e nessuno desidera. Non c’è soluzione semplice a questa crisi, perché ogni opzione comporta conseguenze gravissime. L’Occidente potrebbe decidere di intensificare il sostegno militare all’Ucraina, rischiando un’escalation incontrollabile, oppure potrebbe spingere per un compromesso diplomatico, consapevole che non sarà perfetto e che potrebbe lasciare amarezze dietro di sé.

Tuttavia, l’unica certezza è che il mondo non può permettersi un conflitto globale. Dobbiamo evitare il punto di non ritorno, quello in cui la guerra diventa l’unica risposta possibile. È un equilibrio fragile, un percorso pieno di insidie, ma l’unica strada percorribile se vogliamo un domani in cui la pace non sia solo un’illusione.